Vini italiani in Svizzera
Il successo per i nuovi entranti sul mercato dei vini italiani in Svizzera passa dalla domanda finale
Insistere solo ed esclusivamente sul rapporto diretti con l’importatore per proporre nuove etichette al mercato svizzero può essere una strategia perdente: in questo articolo vi spieghiamo perché e come fare.
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L’ossessione degli incontri b2b
Chiunque faccia come noi da molti anni il lavoro di promozione ed internazionalizzazione di PMI e territori italiani all’estero, conosce la martellante (e comprensibile) richiesta da parte di clienti e partner di favorire costantemente incontri b2b. Questa richiesta appare concreta efficace diretta senza fronzoli, destinata a sfornare risultati a breve.
In realtà, per quanto valida e tutt’altro che da escludersi, non è detto che sia complementare ad una serie di alternative che presuppongano, ad esempio, un’analisi preliminare che consenta di capire:
- se il prodotto ha mercato oppure no
- com’è fatta la concorrenza
- se il target di clientela ricercato esista su quel mercato o sia necessario esplorare altri canali
Il caso del vino
Sui mercati maturi e di vicinanza, e la Svizzera è senz’altro uno di questi, nel comparto dei beni di consumo ed in particolare agroalimentari, ha un’importanza strategica la promozione al cliente finale e indiretto (dettaglio, consumatore, ristorazione ecc..).
Gli importatori diretti dei prodotti vitivinicoli, ad esempio, sono a loro volta dei venditori che hanno la comprensibile esigenza di minimizzare il ciclo del magazzino per velocemente ricollocare sul mercato i prodotti importati. Tendono quindi ad acquistare ciò che la propria clientela più apprezza già conosce ed ordina con costanza e con volumi apprezzabili.
Come far uscire l’importatore dalla propria comfort zone?
Di certo non cercando di convincerlo della bontà e qualità del proprio vino: sicuramente lo apprezzerà se si tratta di un prodotto di qualità, ma la sua clientela lo apprezzerà?
Ha senso per lui sostituire dei prodotti che “si vendono da soli” con delle novità per quanto qualitativamente apprezzabili, però, di fatto delle incognite agli occhi della sua clientela?
Certamente no, a meno che non possa largheggiare: di certo non nel mezzo di una pandemia globale che costringe alla chiusura una fetta consistente della sua clientela diretta (la ristorazione).
Approccio suggerito
Cosa fare allora? In questa sede non stiamo suggerendo di dimenticarsi degli importatori (in Svizzera sono essenziali per poter sdoganare e distribuire il prodotto conformemente al regime doganale del Paese), stiamo suggerendo di aiutarli a fare la seconda parte del loro mestiere: e cioè una volta comprato il vino (o nella fase di invio della campionatura), bisogna aiutarli a rivenderlo.
È nella fase di promozione alla clientela finale dell’importatore (siano essi ristoratori, dettaglianti o privati) che la cantina italiana può fare la differenza, proponendo il proprio prodotto non solo all’importatore ma anche a chi da lui lo acquisterà. La promozione b2c oppure alla ristorazione ed al dettaglio può essere decisiva nel modificare le decisioni di acquisto dell’importatore.
Anche su questo sono diverse le esperienze fatte negli ultimi anni dalla CCIS, fermamente convinta che la domanda finale non sia una variabile fissa su cui non si può intervenire, ma modellabile e sviluppabile, affiancando l’importatore il cui ruolo va letto non più come quello di un semplice acquirente ma di partner e venditore.
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